martedì 14 agosto 2012


PERSONAGGI DI UN ALTRO SECOLO – 15
 
E venne il tempo di sposarsi per Monica e Vittorio. Non fu una decisione presa senza patimenti, la più riluttante era Monica perché aveva ancora dei dubbi sulla fedeltà del compagno. Sì, mi sembra cambiato, pensava, però come faccio ad essere sicura che al primo svolazzare di qualche gonna, gonna non di mia proprietà, Vittorio non perda la testa? E quando Vittorio le chiese di sposarlo, prima di rispondere sì, spiegò al convivente che considerava il matrimonio indissolubile, quindi, caro Vittorio, per favore, non sposarmi se non ritieni di starmi sempre accanto, non fregarmi un’altra volta. Vittorio replicò che non doveva temere nulla, sarebbe stato fedele per sempre. Incominciarono con entusiasmo i preparativi per la cerimonia, entrambi decisero di sposarsi in chiesa, più convinto Vittorio, un po’ titubante Monica, e superarono ogni problema, chi invitare, il ristorante, i confetti e tutto quanto gira attorno al rito nuziale, senza litigare. Si incagliarono, però, su un particolare che, di solito, non provoca attrito fra i futuri sposi: i testimoni. Normalmente si scelgono parenti stretti, il fratello, lo zio, oppure gli amici fraterni. Infatti, Vittorio prospettò a Monica di concedere l’onore della testimonianza ai rispettivi amici del cuore, Gianluigi detto Gigi e Tiziana. Erano i confidenti più fedeli, Gigi era quasi un fratello per Vittorio, mentre Tiziana era anche coetanea di Monica ed avevano sempre frequentato le stesse scuole, dall’asilo al liceo. Comprensibile, quindi, lo stupore di Vittorio quando la compagna si oppose alla proposta, stupore che aumentò considerevolmente, quando Monica disse “il mio diniego riguarda Gianluigi perché sono felicissima di chiedere a Tiziana di testimoniare. Se vuoi invitare Gianluigi al matrimonio, fai pure, non ho nulla in contrario, ma come testimone no, non lo voglio davanti all’altare con noi e soprattutto non lo voglio a ridosso di Tiziana”. Un simile netto diniego merita una spiegazione, affinché chi legge possa giudicare con cognizione. Gigi era innamorato di Tiziana, ma dire innamorato non rende proprio l’idea perché Gigi sbavava per Tiziana. Anzi, più di innamoramento bisognerebbe parlare di deificazione, perché per Gigi Tiziana era l’incarnazione di una dea della bellezza. E come dea doveva essere adorata, esaudita in ogni modo. Tiziana naturalmente si era accorta dell’infatuazione di Gianluigi e, senza l’intenzione di ricambiare l’affetto, sfruttava sfacciatamente il poveretto. Per esempio, nelle riunioni fra amici, era facilissimo osservare lei che si comportava come se avesse un cameriere personale, Gigi mi servi da bere, Gigi, ho lasciato il beauty in auto, me lo vai a prendere, e così per tutta la sera. Memorabile quella volta che la combriccola di amici si era recata in gita in Liguria. Tiziana aveva portato con sé anche il suo cane, un gigantesco terranova tutto nero e giocherellone. Qualcuno disse, non senza cattiveria, che Tiziana aveva di fianco i suoi due cani, uno intelligente, quello con quattro zampe, mentre l’altro era solo fedele. E quella gita nel Golfo di Lerici confermò le malelingue perché Tiziana salì a bordo di un grosso motoscafo, grosso ma non tanto da poter ospitare tutta la comitiva, e lasciò a terra il terranova e anche Gigi con l’incarico di custodirlo. Un intero pomeriggio a spasso con un cane enorme, pesava circa settanta chili, instancabile, su e giù per le strade del golfo, sbavante e allegrone, non negava una bella leccata a chiunque incontrasse, tanto gli insulti se li beccava Gigi. Quando Tiziana ricomparve, ed era ormai il tardo pomeriggio, neanche un ringraziamento, anzi, non mancò di indicare a Gigi come il cane fosse tutto sporco, con il pelo infangato. Vittorio cercava di aiutare l’amico, anche se il suo comportamento gli sembrava incomprensibile: Vittorio aveva sempre avuto successo con le donne, non era il più indicato per capire l’atteggiamento servile di Gianluigi. Soprattutto non concepiva come si potesse essere innamorati di una donna senza dichiararglielo. Infatti, Gigi non aveva mai svelato i suoi sentimenti e spiegava a Vittorio che il suo atteggiamento era giusto, alla fine Tiziana avrebbe compreso il suo amore devoto. Come no, pensava Vittorio, Tiziana ha già capito tutto e ti tratta come meriti, come uno zerbino. E proprio così lo stava apostrofando, ora, Monica: “non voglio quello zerbino come tuo testimone al mio matrimonio. Ma ci pensi, noi lì davanti all’altare e lui che lancia i suoi sguardi adoranti verso Tiziana, chissà le risate che si faranno gli altri invitati. No, è il mio matrimonio, io devo essere al centro dell’attenzione, non lo voglio”. Messa così la questione, Vittorio dovette riconoscere che Monica non aveva tutti i torti. Pensava, inoltre, che una possibile soluzione sarebbe stata mantenere Gigi come testimone e sostituire Tiziana, verso la quale aveva un segreto rancore. Vittorio non aveva dimenticato la mattina di quel giorno che gli cambiò la vita, quella mattina nella quale Monica l’aveva scaricato dopo il suo tradimento della notte precedente e subito prima dell’investimento mortale di Laura. Appena sceso dalla macchina, nel posteggio della Ticosa, si trovò di fronte Tiziana, anche lei lavorava a Como e spesso si incrociavano, ma quella mattina Tiziana non rispose al saluto di Vittorio e, fissandolo negli occhi con uno sguardo carico di tutto l’odio di questo mondo, salì con il tacco della sua scarpa, a spillo e lungo almeno otto centimetri, sul piede sinistro di Vittorio. Mentre caricava tutti suoi sessanta chili abbondanti sul tacco, per procurare più dolore possibile al malcapitato gli disse: “bastardo, non ti meriti un gioiello come Monica, ritieniti fortunato, il tacco avrei voluto ficcartelo in un altro posto”. Il tapino strinse i denti per non urlare a causa del male e strinse anche le mani per non allargarle sulla faccia di Tiziana perché era un traditore incallito, ma mai avrebbe alzato una mano su una donna. Non disse nemmeno una parola, si limitò a fronteggiare lo sguardo adirato di Tiziana e aspettò che scendesse dal suo piede e se ne andasse soddisfatta ed ancheggiante. Ma se la legò al dito, prima o poi si sarebbe vendicato. Certo, ora aveva l’occasione per ricambiare la cortesia, però non se la sentiva di chiedere a Monica un simile sacrificio: era la sposa, la sua sposa, non voleva rattristarla chiedendole di rinunciare all’amica in un momento così unico. Mentre Vittorio rimuginava questi pensieri, Monica esclamò “perché non concedi l’onore di essere il testimone al tuo nuovo amico, il Visionario?” In effetti, Vittorio aveva dapprima considerato anche questa possibilità, ma l’aveva scartata temendo che Libero, il Visionario secondo Monica, sarebbe stato rifiutato dalla sua compagna a causa del suo carattere particolare. Invece ora era lei a consigliarglielo, incredibile. Vittorio rimase in silenzio per alcuni minuti, picchiando i polpastrelli della mano destra sul bracciolo della poltrona, segno di profonda concentrazione, e poi uscì con un "va bene, mi hai convinto, Libero verrà a trovarmi proprio stasera, vedremo se accetterà".
Libero era felicissimo del futuro matrimonio perchè, senza mai dire nulla a Vittorio e soprattutto a Monica, ragazza dotata di artigli affilati, non apprezzava la convivenza dei due. Secondo il suo pensiero, se due si amano devono sposarsi, poche storie. Non ragionava così per le sue profonde convinzioni religiose, anzi il ritorno alla fede cattolica aveva semmai confermato il suo modo di pensare. Libero aveva conservato, del suo passato marxista, un rispetto quasi adulatorio della Costituzione italiana. E l'articolo 29 recita appunto: la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare. Quindi, caro Vittorio e Monica, sposatevi e create una bella famiglia, possibilmente numerosa, una società naturale come dice la nostra bella Costituzione. Nonostante ciò, Libero non si attendeva proprio la proposta dell’amico, proposta gradita, che lo inorgogliva, ma inaspettata. Naturalmente chiese spiegazioni anche perché Vittorio gli aveva preannunciato la sua intenzione di chiedere a Gigi di testimoniare. Vittorio spiegò brevemente come Monica gli avesse fatto cambiare opinione e che, entrambi, avevano considerato di risolvere il problema chiedendogli di essere il testimone: “sei la seconda scelta” disse Vittorio, “ non lo nego, e spero che tu accetterai lo stesso”. Libero appoggiò i gomiti sul tavolo e le mani, incrociate, sotto il mento e dopo alcuni secondi di meditazione disse: “premesso che alcune donne non si limitano a volere legittimamente sposare un uomo, ma desiderano, con forza, cambiarlo, sono felice di testimoniare la vostra costruzione di una solida famiglia”. In questa frase c’era tutto Libero, il polemista disposto a qualsiasi cosa, anche a litigare con la futura moglie del suo amico, pur di esprimere la sua opinione. Infatti, Monica si chiese se non avesse sbagliato a consigliare il maledetto Visionario al suo prossimo marito, d’altra parte aveva ormai imparato che Libero, pur non avendo peli sulla lingua, era profondamente leale; duro, diretto ma leale. Ad essere precisi era schietto con Vittorio e non con lei, però era sempre meglio lui di un invertebrato come Gianluigi. Di conseguenza trattenne la voglia di rispondere per le rime e sorridendo se ne uscì con un “bravo Libero, dimostri di conoscere le donne, chissà come te la sei spassata in gioventù”. Libero alzò la testa con uno scatto e la mosse su e giù dicendo “un giorno vi racconterò la mia gioventù, di sicuro non mi comportavo come quell’imbalsamato di Gigi. Del resto mi sembra che i giovani d’oggi non sappiano interagire con le donne. Colpa loro, non leggono, non s’informano. Quanti hanno letto il fondamentale “Il rosso e il nero” di Stendhal, chi sa come Julien Sorel conquistò Mathilde de la Mole?". Fra i motivi del ben celato astio di Monica nei confronti di Libero c’erano proprio queste continue citazioni letterarie. In verità, l’astio nascondeva l’invidia per quell’uomo senza titolo di studio ma con una voglia inesauribile di conoscere che l’aveva reso, nel suo mondo piccolo, un erudito. Monica annuì come se conoscesse tutto di quel romanzo francese (era francese Stendhal?) e intanto si memorizzò il titolo del libro: di sicuro l’avrebbe letto per scoprire come tale lettura avrebbe potuto influire su Gigi e sul suo atteggiamento con le donne.
29/12/2007

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