PERSONAGGI
DI UN ALTRO SECOLO – 15
E
venne il tempo di sposarsi per Monica e Vittorio. Non fu una
decisione presa senza patimenti, la più riluttante era Monica perché
aveva ancora dei dubbi sulla fedeltà del compagno. Sì, mi sembra
cambiato, pensava, però come faccio ad essere sicura che al primo
svolazzare di qualche gonna, gonna non di mia proprietà, Vittorio
non perda la testa? E quando Vittorio le chiese di sposarlo, prima di
rispondere sì, spiegò al convivente che considerava il matrimonio
indissolubile, quindi, caro Vittorio, per favore, non sposarmi se non
ritieni di starmi sempre accanto, non fregarmi un’altra volta.
Vittorio replicò che non doveva temere nulla, sarebbe stato fedele
per sempre. Incominciarono con entusiasmo i preparativi per la
cerimonia, entrambi decisero di sposarsi in chiesa, più convinto
Vittorio, un po’ titubante Monica, e superarono ogni problema, chi
invitare, il ristorante, i confetti e tutto quanto gira attorno al
rito nuziale, senza litigare. Si incagliarono, però, su un
particolare che, di solito, non provoca attrito fra i futuri sposi: i
testimoni. Normalmente si scelgono parenti stretti, il fratello, lo
zio, oppure gli amici fraterni. Infatti, Vittorio prospettò a Monica
di concedere l’onore della testimonianza ai rispettivi amici del
cuore, Gianluigi detto Gigi e Tiziana. Erano i confidenti più
fedeli, Gigi era quasi un fratello per Vittorio, mentre Tiziana era
anche coetanea di Monica ed avevano sempre frequentato le stesse
scuole, dall’asilo al liceo. Comprensibile, quindi, lo stupore di
Vittorio quando la compagna si oppose alla proposta, stupore che
aumentò considerevolmente, quando Monica disse “il mio diniego
riguarda Gianluigi perché sono felicissima di chiedere a Tiziana di
testimoniare. Se vuoi invitare Gianluigi al matrimonio, fai pure, non
ho nulla in contrario, ma come testimone no, non lo voglio davanti
all’altare con noi e soprattutto non lo voglio a ridosso di
Tiziana”. Un simile netto diniego merita una spiegazione, affinché
chi legge possa giudicare con cognizione. Gigi era innamorato di
Tiziana, ma dire innamorato non rende proprio l’idea perché Gigi
sbavava per Tiziana. Anzi, più di innamoramento bisognerebbe parlare
di deificazione, perché per Gigi Tiziana era l’incarnazione di una
dea della bellezza. E come dea doveva essere adorata, esaudita in
ogni modo. Tiziana naturalmente si era accorta dell’infatuazione di
Gianluigi e, senza l’intenzione di ricambiare l’affetto,
sfruttava sfacciatamente il poveretto. Per esempio, nelle riunioni
fra amici, era facilissimo osservare lei che si comportava come se
avesse un cameriere personale, Gigi mi servi da bere, Gigi, ho
lasciato il beauty in auto, me lo vai a prendere, e così per tutta
la sera. Memorabile quella volta che la combriccola di amici si era
recata in gita in Liguria. Tiziana aveva portato con sé anche il suo
cane, un gigantesco terranova tutto nero e giocherellone. Qualcuno
disse, non senza cattiveria, che Tiziana aveva di fianco i suoi due
cani, uno intelligente, quello con quattro zampe, mentre l’altro
era solo fedele. E quella gita nel Golfo di Lerici confermò le
malelingue perché Tiziana salì a bordo di un grosso motoscafo,
grosso ma non tanto da poter ospitare tutta la comitiva, e lasciò a
terra il terranova e anche Gigi con l’incarico di custodirlo. Un
intero pomeriggio a spasso con un cane enorme, pesava circa settanta
chili, instancabile, su e giù per le strade del golfo, sbavante e
allegrone, non negava una bella leccata a chiunque incontrasse, tanto
gli insulti se li beccava Gigi. Quando Tiziana ricomparve, ed era
ormai il tardo pomeriggio, neanche un ringraziamento, anzi, non mancò
di indicare a Gigi come il cane fosse tutto sporco, con il pelo
infangato. Vittorio cercava di aiutare l’amico, anche se il suo
comportamento gli sembrava incomprensibile: Vittorio aveva sempre
avuto successo con le donne, non era il più indicato per capire
l’atteggiamento servile di Gianluigi. Soprattutto non concepiva
come si potesse essere innamorati di una donna senza dichiararglielo.
Infatti, Gigi non aveva mai svelato i suoi sentimenti e spiegava a
Vittorio che il suo atteggiamento era giusto, alla fine Tiziana
avrebbe compreso il suo amore devoto. Come no, pensava Vittorio,
Tiziana ha già capito tutto e ti tratta come meriti, come uno
zerbino. E proprio così lo stava apostrofando, ora, Monica: “non
voglio quello zerbino come tuo testimone al mio matrimonio. Ma ci
pensi, noi lì davanti all’altare e lui che lancia i suoi sguardi
adoranti verso Tiziana, chissà le risate che si faranno gli altri
invitati. No, è il mio matrimonio, io devo essere al centro
dell’attenzione, non lo voglio”. Messa così la questione,
Vittorio dovette riconoscere che Monica non aveva tutti i torti.
Pensava, inoltre, che una possibile soluzione sarebbe stata mantenere
Gigi come testimone e sostituire Tiziana, verso la quale aveva un
segreto rancore. Vittorio non aveva dimenticato la mattina di quel
giorno che gli cambiò la vita, quella mattina nella quale Monica
l’aveva scaricato dopo il suo tradimento della notte precedente e
subito prima dell’investimento mortale di Laura. Appena sceso dalla
macchina, nel posteggio della Ticosa, si trovò di fronte Tiziana,
anche lei lavorava a Como e spesso si incrociavano, ma quella mattina
Tiziana non rispose al saluto di Vittorio e, fissandolo negli occhi
con uno sguardo carico di tutto l’odio di questo mondo, salì con
il tacco della sua scarpa, a spillo e lungo almeno otto centimetri,
sul piede sinistro di Vittorio. Mentre caricava tutti suoi sessanta
chili abbondanti sul tacco, per procurare più dolore possibile al
malcapitato gli disse: “bastardo, non ti meriti un gioiello come
Monica, ritieniti fortunato, il tacco avrei voluto ficcartelo in un
altro posto”. Il tapino strinse i denti per non urlare a causa del
male e strinse anche le mani per non allargarle sulla faccia di
Tiziana perché era un traditore incallito, ma mai avrebbe alzato una
mano su una donna. Non disse nemmeno una parola, si limitò a
fronteggiare lo sguardo adirato di Tiziana e aspettò che scendesse
dal suo piede e se ne andasse soddisfatta ed ancheggiante. Ma se la
legò al dito, prima o poi si sarebbe vendicato. Certo, ora aveva
l’occasione per ricambiare la cortesia, però non se la sentiva di
chiedere a Monica un simile sacrificio: era la sposa, la sua sposa,
non voleva rattristarla chiedendole di rinunciare all’amica in un
momento così unico. Mentre Vittorio rimuginava questi pensieri,
Monica esclamò “perché non concedi l’onore di essere il
testimone al tuo nuovo amico, il Visionario?” In effetti, Vittorio
aveva dapprima considerato anche questa possibilità, ma l’aveva
scartata temendo che Libero, il Visionario secondo Monica, sarebbe
stato rifiutato dalla sua compagna a causa del suo carattere
particolare. Invece ora era lei a consigliarglielo, incredibile.
Vittorio rimase in silenzio per alcuni minuti, picchiando i
polpastrelli della mano destra sul bracciolo della poltrona, segno di
profonda concentrazione, e poi uscì con un "va bene, mi hai
convinto, Libero verrà a trovarmi proprio stasera, vedremo se
accetterà".
Libero
era felicissimo del futuro matrimonio perchè, senza mai dire nulla a
Vittorio e soprattutto a Monica, ragazza dotata di artigli affilati,
non apprezzava la convivenza dei due. Secondo il suo pensiero, se due
si amano devono sposarsi, poche storie. Non ragionava così per
le sue profonde convinzioni religiose, anzi il ritorno alla fede
cattolica aveva semmai confermato il suo modo di pensare. Libero
aveva conservato, del suo passato marxista, un rispetto quasi
adulatorio della Costituzione italiana. E l'articolo 29 recita
appunto: la
Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza
morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a
garanzia dell'unità familiare.
Quindi, caro Vittorio e Monica, sposatevi e create una bella
famiglia, possibilmente numerosa, una società naturale come dice la
nostra bella Costituzione. Nonostante ciò, Libero non si attendeva
proprio la proposta dell’amico, proposta gradita, che lo
inorgogliva, ma inaspettata. Naturalmente chiese spiegazioni anche
perché Vittorio gli aveva preannunciato la sua intenzione di
chiedere a Gigi di testimoniare. Vittorio spiegò brevemente come
Monica gli avesse fatto cambiare opinione e che, entrambi, avevano
considerato di risolvere il problema chiedendogli di essere il
testimone: “sei la seconda scelta” disse Vittorio, “ non lo
nego, e spero che tu accetterai lo stesso”. Libero appoggiò i
gomiti sul tavolo e le mani, incrociate, sotto il mento e dopo alcuni
secondi di meditazione disse: “premesso che alcune donne non si
limitano a volere legittimamente sposare un uomo, ma desiderano, con
forza, cambiarlo, sono felice di testimoniare la vostra costruzione
di una solida famiglia”. In questa frase c’era tutto Libero, il
polemista disposto a qualsiasi cosa, anche a litigare con la futura
moglie del suo amico, pur di esprimere la sua opinione. Infatti,
Monica si chiese se non avesse sbagliato a consigliare il maledetto
Visionario al suo prossimo marito, d’altra parte aveva ormai
imparato che Libero, pur non avendo peli sulla lingua, era
profondamente leale; duro, diretto ma leale. Ad essere precisi era
schietto con Vittorio e non con lei, però era sempre meglio lui di
un invertebrato come Gianluigi. Di conseguenza trattenne la voglia di
rispondere per le rime e sorridendo se ne uscì con un “bravo
Libero, dimostri di conoscere le donne, chissà come te la sei
spassata in gioventù”. Libero alzò la testa con uno scatto e la
mosse su e giù dicendo “un giorno vi racconterò la mia gioventù,
di sicuro non mi comportavo come quell’imbalsamato di Gigi. Del
resto mi sembra che i giovani d’oggi non sappiano interagire con le
donne. Colpa loro, non leggono, non s’informano. Quanti hanno letto
il fondamentale “Il rosso e il nero” di Stendhal, chi sa come
Julien Sorel conquistò Mathilde de la Mole?". Fra i motivi del
ben celato astio di Monica nei confronti di Libero c’erano proprio
queste continue citazioni letterarie. In verità, l’astio
nascondeva l’invidia per quell’uomo senza titolo di studio ma con
una voglia inesauribile di conoscere che l’aveva reso, nel suo
mondo piccolo, un erudito. Monica annuì come se conoscesse tutto di
quel romanzo francese (era francese Stendhal?) e intanto si memorizzò
il titolo del libro: di sicuro l’avrebbe letto per scoprire come
tale lettura avrebbe potuto influire su Gigi e sul suo atteggiamento
con le donne.
29/12/2007
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