PERSONAGGI
DI UN ALTRO SECOLO – 14
La
discussione di quella sera di fine secolo fu ricordata a lungo
perché, per la prima volta, non finì con un litigio fra Libero e
Guido detto Bartali. I due contendenti rimasero su opinioni
contrastanti, ma almeno si confrontarono come se fossero due
gentlemen inglesi al circolo del golf e non in un bar della collina
comasca frequentato da avvinazzati e perditempo. Gli appassionati di
diverbi ed insulti rimasero delusi, però l’argomento dello scambio
di vedute non era proprio adatto alle urla. Si parlava, infatti,
della recente morte di Roberto, della sua smisurata sofferenza. Guido
sottolineava il continuo aumento delle dosi di morfina per attenuare
il dolore. I medici non avevano più speranze di salvarlo, cercavano
solo di alleggerirgli i patimenti. La lunga malattia di Roberto servì
a Guido per esprimere con passione che “l’unica cosa certa è la
morte: speriamo almeno che giunga il più tardi possibile, in modo
rapido ed indolore. Tutto il contrario di quello che è capitato al
povero Roberto, per intenderci. Ma vi ricordate Ciccillo, quel
terruncello silenzioso? E’ stramazzato proprio qui, morto ancor
prima di picchiare sul pavimento. E senza nessun sintomo premonitore,
aveva appena finito di giocare a carte, per la verità aveva perso in
malo modo, il suo socio storico, il Piffaretti, lo aveva insultato
bonariamente. Però l’infarto, anche se fulminante, dicono che sia
doloroso, allora meglio ancora la fine fatta dal Dino, rammentate?
Stava andando a Milano c’è stato un salto di corsia e si è
trovato con un’auto sopra la sua e la testa staccata di netto,
morte più istantanea di così non si poteva proprio pretendere”. A
sentire queste parole, Pompeo si alzò dal suo tavolo, dove stava
sorseggiando un aperitivo, e uscì velocemente dal locale; argomento
troppo scomodo per un tremebondo come lui. Mentre usciva pensava che
quel giorno il karma non gli era per nulla favorevole, e poi, tutti
quei pianeti disposti disastrosamente, un cattivo quadro astrale,
avrebbe fatto meglio a rimanere a casa. Invece Libero disse “Guido,
non ci crederai, ma fino a qualche giorno fa ti avrei dato
sicuramente ragione. Oggi no, la penso diversamente: ho cambiato
opinione grazie agli scritti del mio nuovo filosofo di riferimento.
E’ un tedesco, fortissimo in teologia, anzi, lui voleva ritirarsi
nella sua amata Baviera per approfondire gli studi teologici, ma non
gli è stato possibile perché il suo principale gli ha assegnato un
incarico di grande responsabilità. E non poteva rifiutare un simile
impegno.”.
“Urca”
interloquì Guido “e chi sarebbe questo fenomeno?”
“Il
Cardinale di Santa Romana Chiesa Joseph Ratzinger” rispose Libero.
Guido,
fissandolo con uno sguardo che esprimeva tutto il suo stupore, disse:
“La tua estrosità è senza limiti, un cardinale come filosofo di
riferimento, addirittura. L’ho già sentito questo Ratzinger, è il
capo dell’Inquisizione, mi sembra di aver letto da qualche parte
che affermava l’esistenza del diavolo. Permettimi di dubitare di
uno così”
“Caro
Bartali” lo interruppe, ma con garbo, Libero, “innanzi tutto
Ratzinger è il Prefetto della sacra congregazione per la dottrina
della fede, congregazione che fino agli anni sessanta era detta
Inquisizione. E’ il custode dell’integrità della fede cattolica.
Poi, dovresti concordare con me che la vera difficoltà è credere in
Dio e, per noi cristiani, essere convinti che Dio si è fatto uomo ed
è morto in croce per noi. Questa è la vera enormità, al confronto
la presenza del demonio è una quisquilia. Invece sono sicuro che al
cardinale Ratzinger non sarà mai perdonato questa frase: il
marxismo, non la speranza ma la vergogna del nostro tempo; è per
questo severo giudizio che è attaccato, altro che il diavolo. Però,
come sempre mi succede con te, stiamo divagando, io volevo confutare
la tua affermazione sulla morte che ci colga senza preavviso. Devi
sapere che sto leggendo “Il rapporto sulla fede”, l’intervista
rilasciata dal cardinale Ratzinger a Vittorio Messori. Il libro è
stato pubblicato nell’anno 1985, ma io lo sto divorando, con
colpevole ritardo, solo ora. Un concetto mi ha talmente colpito da
doverlo imparare a memoria. Dice Ratzinger che la morte è stata
circondata dal silenzio, dalla paura o dal tentativo di banalizzarla.
Per secoli la Chiesa ci ha insegnato a pregare perché la morte non
ci sorprenda all’improvviso, dandoci tempo per prepararci; ora è
proprio la morte improvvisa che viene considerata una grazia. Ma non
accettare la morte significa non accettare e non rispettare neppure
la vita. Questo dice il cardinale e questo ora io penso: che la morte
arrivi, il più tardi possibile, spero, ma non fulminea affinché io
mi possa preparare degnamente.”.
Guido
guardò Libero senza profferire parole: atteggiamento molto strano
perché, di solito, nell’accaloramento della discussione rispondeva
lestamente, in lui lo spirito polemico sovrastava sempre il
ragionamento. Infine, disse: ”no, Libero, non mi convinci. Innanzi
tutto non vedo quale collegamento ci sia fra l’accettare la morte e
il rispetto della vita e poi, soprattutto, un simile pensiero può
essere espresso solo da chi crede nella vita eterna. Per me la morte
è la fine di tutto, dopo c’è solo il nulla. Gradirei entrare nel
nulla senza accorgermi del passaggio.”.
Con
calma Libera affermò che “è vero, credere nell’Aldilà aiuta
nel non temere la morte, dopo tutto è un passo obbligato, l’ultimo,
prima della risurrezione. Però anche gli antichi romani, prima
dell’avvento di Cristo, pensavano che una bella morte fosse una
degna conclusione della vita. La banalizzazione del decesso è tipica
dell’epoca attuale, nella quale, almeno nelle nostre terre, si è
raggiunto un notevole benessere. Con il benessere, e la mancanza
delle epidemie e delle guerre del passato, si è modificata la
percezione dell’esistenza, la morte non incombe sulle nostre teste,
anche se a volte compare all’improvviso ad inquietare chi resta,
considera, per esempio, gli incidenti stradali. Ritengo che Ratzinger
voglia intendere questo quando parla di banalizzazione, di silenzio e
paura. Mentre manca quello che serve realmente, la preparazione
all’inevitabile trapasso”.
“Ancora
con questo cardinale”, ribatté Guido, “non mi sarei mai
aspettato che tu dipendessi così tanto dai preti. Ma dove è finito
l’ateo oltranzista che conoscevo? Quel Libero che considerava la
religione un prodotto buono per le vecchiette? Appunto, gli anziani,
non è che invecchiando ti sei rincitrullito un po’ e, temendo in
cuor tuo che ci possa essere un Aldilà, metti le mani avanti, non si
sa mai? Potrei citarti tanti esempi di uomini con un passato da
miscredenti diventati, sul finire delle loro esistenze, degli
incalliti baciapile. E’ anche il tuo caso?”.
Libero
sorrise mentre rispose “sicuramente sono un candidato alla demenza
senile, però ti posso assicurare che il mio riavvicinamento alla
fede non dipende dall’età, o dalla paura. Ero ancora relativamente
giovane quando, leggendo Dostoevskji, mi sono posto il problema
dell’esistenza di Dio. Quella frase, senza Dio tutto è permesso,
mi sconvolse l’esistenza. No, non scherzo, mi ha sconvolto davvero.
Come tu ben ricordi ero un ateo convinto dalle idee di Marx nelle
quali vedevo la possibilità di poter realizzare il paradiso in
terra” e qui Guido lo interruppe con la frase “certo che lo
rammento, ti consideravi, dopo Marx e Lenin, il terzo marxista del
mondo, la modestia non ti è mai mancata”. Sorrise ancora Libero,
“sì, è tutto vero, non rinnego nulla di quanto ho fatto in quegli
anni, ma provo orrore di quel che pensavo allora. Quando, studiando
la storia, senza i paraocchi del marxismo, mi resi conto dei
terribili danni provocati dal comunismo e, soprattutto, compresi il
forte legame fra le due ideologie del novecento, comunismo e nazismo,
l’essere entrambe deicide, capii nella loro essenza le parole di
Dostoevskji. Il successivo passo è stato intendere che Dio non è
disgiunto dalla sua Chiesa, e di questo devo ringraziare Ratzinger:
concetti come quello della continuità apostolica che unisce Gesù
Cristo al suo Vicario a Roma e, attraverso il Papa, a tutta la Chiesa
Cattolica, mi sono finalmente chiari. E ora, solo ora, posso pregare
con la sicurezza di essere penetrato nel significato profondo: credo
in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili ed invisibili. Credo la Chiesa una, santa,
cattolica e apostolica e aspetto la risurrezione dei morti e la vita
del mondo che verrà. Amen.”
Vi
assicuro che di cose strane ne succedono in collina, non
meravigliatevi se un personaggio come Libero declama con la sua voce
stentorea la bimillenaria professione di fede cattolica in un bar
davanti ad una platea d’avventori nella quale non mancano gli
incalliti bestemmiatori. Nessuno osò commentare le parole di Libero
e non perché queste fossero condivise ma perché tutti comprendevano
l’estrema convinzione con la quale erano state dette.
Infine,
il solito Guido detto Bartali ruppe il silenzio: dopo aver scosso con
lentezza la testa proferì “ma qui nessuno vuole parlare di
calcio? O di donne? Vanno bene anche le donne”.
31/10/2007
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