martedì 14 agosto 2012



PERSONAGGI DI UN ALTRO SECOLO – 17
Adesso mi allento la cravatta, pensò Vittorio, l’ho tenuta ben stretta tutto il giorno, ora posso rilassarmi un po’. Non la porto mai, ma per il matrimonio non si poteva non indossarla, per di più è proprio bella e morbida. Certo che il pranzo matrimoniale è strano visto da qui, dal tavolo principale e con gli occhi dello sposo. La prima cosa che colpisce è il frastuono, un rumore di sottofondo provocato da cinquanta persone che parlano, mangiano e ridono. E’ sempre bello vedere tante persone sorridenti, anche se, a voler essere precisi, non tutti sembrano contenti. Gigi sta armeggiando troppo con la bottiglia, sembra quasi che stia dialogando con il vino rosso racchiuso nel vetro. Brutto segno. Prima l’ho intravisto, in un angolo appartato del ristorante, parlare intensamente con Tiziana; quella stronza lo guardava con un malcelato disprezzo. Ascoltava zitta mentre Gigi si esprimeva e nello stesso tempo si contorceva muovendo la testa e le mani come se le parole non fossero sufficienti e avesse bisogno di un aiuto del corpo per poter convincere Tiziana. Poi il viso di Tiziana aveva assunto un’espressione glaciale mentre rispondeva al mio amico: poche parole sibilate e subito si era allontanata lasciandolo solo. Gigi era rimasto per qualche minuto a fissare il muro, il volto pallido e tremante per la delusione. Poi, era tornato al suo posto e si era attaccato alla bottiglia. Lo conosco Gigi, ha una sbronza triste, non grida e non diventa aggressivo sotto l’effetto dell’alcool, si racchiude in sé stesso, nel suo dolore. Povero amico, non si rende conto che è inutile prendersela se una ragazza non ti desidera: invece di giungere alla conclusione che chi non ti vuole non ti merita, si starà arrabattando sul perché del gran rifiuto di Tiziana, cercando di capire dove ha sbagliato. Perché, sicuramente, Gigi pensa di avere torto, non valuta quanto sia carogna Tiziana. Hai le tue colpe, Gigi, perché ti sei innamorato della persona sbagliata e non te ne rendi conto. Almeno ti fosse utile la sbornia.
Anche in un altro gruppetto hanno smesso di ridere e ascoltano con attenzione Marco, il cugino medico di Monica. Sicuramente starà parlando di qualche pericolosa malattia perché Pompeo, che seguiva il discorso con gli occhi sbarrati, è schizzato via neanche fosse Speedy Gonzales. E’ sempre il solito fifone, scommetto che adesso, per esorcizzare quanto ha sentito, andrà a rompere le scatole a Libero. Scommessa vinta, eccolo lì seduto accanto al mio migliore amico. Mi avvicino, voglio sentire cosa avrà inventato Pompeo per tormentarlo. Nulla di nuovo, ultimamente Pompeo è monotono, sempre con la storia che Libero predica bene ma razzola malissimo, visto che non frequenta mai la Chiesa. Ilvino, e la lunga notte passata con me, hanno intorpidito Libero perché non si adira e non alza nemmeno la voce, però la sua forza polemica è intatta; infatti, risponde subito, sorridendo, “ti ringrazio, caro Pompeo, perché ti preoccupi della mia anima e desideri, ardentemente, che mi liberi dei miei peccati. Io so benissimo di sbagliare non frequentando la Chiesa e commetto anche un peccato grave, d’orgoglio, perché penso di poter confrontarmi con Dio senza la comunione con la Sua Chiesa, persino la tua testa bacata può capire che questo è un bel peccato di superbia. In verità tu vorresti che io vada a Messa per potermi criticare meglio. Diresti: guardate Libero, è sempre in Chiesa e nonostante sia un baciapile, ha combinato questo e commesso quello, che uomo incoerente quel Libero. Ti sfugge un particolare, che siamo tutti peccatori e nessuno è perfetto e proprio la storia della Chiesa dimostra quanto affermo. Come scriveva il mio amato Gilbert Keith Chesterton , Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni ma Pietro, un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa, e le porte dell’Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest’unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole.Gesù Cristo non ha cercato in Pietro la perfezione e tu, o stolto Pompeo, non rimproverarmi di non essere perfetto”. Pompeo incassa la risposta e si allontana bofonchiando “Libero, sei il solito megalomane, adesso ti paragoni anche a San Pietro” mentre Libero, come se mi vedesse solo in quel momento mi saluta, alza il calice e grida “brindiamo a Vittorio ma soprattutto alla sua sposa radiosa”. Non mi sottraggo al nuovo brindisi e mentre sorseggio penso che anche questa volta Libero ha azzeccato il termine: Monica è veramente radiosa in questo giorno di maggio. La guardo ammirato mentre conversa con un gruppo di invitati, un sorriso per tutti e l’attenzione per chiunque le parli, come se non fosse lei la principale interprete del matrimonio. Sembra rilassata ma ho notato che, mentre io ho ingurgitato tutto senza negarmi qualche bis, non ha mangiato o, meglio, ha sbocconcellato un po’ del lauto pranzo e questo è un sintomo di tensione latente perché Monica, quando è ansiosa, non mangia. E’ normale che il desiderio di una cerimonia memorabile le procuri un po’ di agitazione. Ma nulla d’altro trapela della sua apprensione, neanche adesso che la invitano a lanciare il bouquet, come da consolidata tradizione, gettandolo alle spalle e con tutte le nubili presenti alle nozze pronte a riceverlo. Proprio tutte no, Tiziana non partecipa, lei è superiore, non si abbassa a queste manifestazioni plebee e penso: “Ma chi la vuole una così, una tritasassi egoista come lei”. Chi si cimenta nella sua conquista - e lancio uno sguardo a Gigi sempre incollato alla bottiglia – ha buone probabilità di finire disintegrato. In verità immagino già chi raccoglierà il bouquet, c’è un tacito accordo fra le ragazze affinché il mazzolino di fiori finisca fra le mani di Cecilia considerata da tutti la meno adatta a trovar marito. Anche lei lo sa e dice alle amiche che con gli uomini è stata sfortunata, non ha trovato nessuno che la comprendesse, gli uomini hanno in mente solo una determinata cosa e nessuno vuole instaurare un rapporto paritario, di reciproco rispetto e comprensione. Questa è la sua versione e, in effetti, è molto più facile assolversi e dare la colpa a metà del genere umano invece di guardarsi dentro ed analizzarsi con franchezza. Se lo avesse fatto, Cecilia si sarebbe resa conto di essere un’insopportabile chiacchierona che intende il rapporto paritario nel seguente modo: io parlo e, tralasciamo le sciattezze dette, tu ascolti. Cecilia riesce a parlare a velocità supersonica, l’interlocutore non ha alcuna possibilità di interrompere il flusso di parole. E’ normale che i maschietti scappino a gambe levate appena comprendono chi hanno di fronte. Intanto Monica ha lanciato alle sue spalle il bouquet e Cecilia riesce a raccoglierlo con un gridolino di soddisfazione. Tutte le amiche strillano contente e Monica la bacia con entusiasmo dicendole “vedrai, questo è un buon segno, troverai qualcuno che ti apprezzerà” e io medito che non devo giudicare la mia sposa dalle sue amiche perché alcune, Tiziana e Cecilia in particolare, sono veramente insopportabili. D’altra parte so che Monica non sta recitando, desidera veramente la felicità delle sue amiche, è generosa e leale. La guardo con ammirazione, fasciata dal vestito bianco che non saprei descrivere nei minimi particolari come fanno le donne, dettagli che non mi interessano perché mi importa solo la sua bellezza. La guardo con orgoglio maschile perché intuisco quanto gli uomini presenti al banchetto la fissino con desiderio, ma solo io sono stato il prescelto. La guardo con tenerezza perché ho capito che sotto i suoi smaglianti sorrisi c’è sempre una profonda tristezza. Anche in questo giorno solenne e gioioso, Monica avrà sicuramente pensato a quel figlio non nato perché abortito. E’ strana la vita, io ho investito ed ucciso una povera ragazzina, l’ho vista morire in mezzo alla strada ma non ho i sensi di colpa che tormentano Monica. Certo, sono stato malissimo, per un non breve periodo il rimorso mi ha portato sull’orlo del suicidio, ma ormai convivo con il mio errore e dolore. Invece Monica è passata per un asettico ospedale, ha subito un intervento indolore e non ha visto quel grumo di cellule asportato dal suo ventre, tuttavia non riesce a perdonarsi per lo sbaglio commesso. Probabilmente perché non si trattava semplicemente di un grumo di cellule ma di un essere in preparazione. Così, quando incrocia una carrozzina con un neonato, Monica subito si adombra, i suoi splendidi occhi verdi si velano di tristezza. E, ancora peggio, quando incontra una donna in gravidanza non profferisce parola per lunghi minuti, persa nei suoi pensieri o, meglio, nei suoi tormenti. Vorrei aiutarla, innumerevoli volte le ho spiegato che tutti possono sbagliare, l’importante è non ripetere sempre gli stessi errori, però non sono riuscito ad esaudire il mio intento. Chissà, forse un figlio nostro, desiderato e cercato, sarà il toccasana che spazzerà via le angosce. Sarà per questo che, quando Monica mi si avvicina e mi dice sorridendo, “Vittorio, mi hai appena sposata e già mi trascuri” io le rispondo, mentre in testa mi rimbomba la frase chestertoniana di Libero, “sai, cara sposa, stavo pensando al nome da dare al nostro figlio, se lo avremo, che ne diresti di Pietro?”
08/11/08

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