PERSONAGGI
DI UN ALTRO SECOLO – 17
Adesso
mi allento la cravatta, pensò Vittorio, l’ho tenuta ben stretta
tutto il giorno, ora posso rilassarmi un po’. Non la porto mai, ma
per il matrimonio non si poteva non indossarla, per di più è
proprio bella e morbida. Certo che il pranzo matrimoniale è strano
visto da qui, dal tavolo principale e con gli occhi dello sposo. La
prima cosa che colpisce è il frastuono, un rumore di sottofondo
provocato da cinquanta persone che parlano, mangiano e ridono. E’
sempre bello vedere tante persone sorridenti, anche se, a voler
essere precisi, non tutti sembrano contenti. Gigi sta armeggiando
troppo con la bottiglia, sembra quasi che stia dialogando con il vino
rosso racchiuso nel vetro. Brutto segno. Prima l’ho intravisto, in
un angolo appartato del ristorante, parlare intensamente con Tiziana;
quella stronza lo guardava con un malcelato disprezzo. Ascoltava
zitta mentre Gigi si esprimeva e nello stesso tempo si contorceva
muovendo la testa e le mani come se le parole non fossero sufficienti
e avesse bisogno di un aiuto del corpo per poter convincere Tiziana.
Poi il viso di Tiziana aveva assunto un’espressione glaciale mentre
rispondeva al mio amico: poche parole sibilate e subito si era
allontanata lasciandolo solo. Gigi era rimasto per qualche minuto a
fissare il muro, il volto pallido e tremante per la delusione. Poi,
era tornato al suo posto e si era attaccato alla bottiglia. Lo
conosco Gigi, ha una sbronza triste, non grida e non diventa
aggressivo sotto l’effetto dell’alcool, si racchiude in sé
stesso, nel suo dolore. Povero amico, non si rende conto che è
inutile prendersela se una ragazza non ti desidera: invece di
giungere alla conclusione che chi non ti vuole non ti merita, si
starà arrabattando sul perché del gran rifiuto di Tiziana, cercando
di capire dove ha sbagliato. Perché, sicuramente, Gigi pensa di
avere torto, non valuta quanto sia carogna Tiziana. Hai le tue colpe,
Gigi, perché ti sei innamorato della persona sbagliata e non te ne
rendi conto. Almeno ti fosse utile la sbornia.
Anche
in un altro gruppetto hanno smesso di ridere e ascoltano con
attenzione Marco, il cugino medico di Monica. Sicuramente starà
parlando di qualche pericolosa malattia perché Pompeo, che seguiva
il discorso con gli occhi sbarrati, è schizzato via neanche fosse
Speedy Gonzales. E’ sempre il solito fifone, scommetto che adesso,
per esorcizzare quanto ha sentito, andrà a rompere le scatole a
Libero. Scommessa vinta, eccolo lì seduto accanto al mio migliore
amico. Mi avvicino, voglio sentire cosa avrà inventato Pompeo per
tormentarlo. Nulla di nuovo, ultimamente Pompeo è monotono, sempre
con la storia che Libero predica bene ma razzola malissimo, visto che
non frequenta mai la Chiesa. Ilvino, e la lunga notte passata con me,
hanno intorpidito Libero perché non si adira e non alza nemmeno la
voce, però la sua forza polemica è intatta; infatti, risponde
subito, sorridendo, “ti ringrazio, caro Pompeo, perché ti
preoccupi della mia anima e desideri, ardentemente, che mi liberi dei
miei peccati. Io so benissimo di sbagliare non frequentando la Chiesa
e commetto anche un peccato grave, d’orgoglio, perché penso di
poter confrontarmi con Dio senza la comunione con la Sua Chiesa,
persino la tua testa bacata può capire che questo è un bel peccato
di superbia. In verità tu vorresti che io vada a Messa per potermi
criticare meglio. Diresti: guardate Libero, è sempre in Chiesa e
nonostante sia un baciapile, ha combinato questo e commesso quello,
che uomo incoerente quel Libero. Ti sfugge un particolare, che siamo
tutti peccatori e nessuno è perfetto e proprio la storia della
Chiesa dimostra quanto affermo. Come scriveva il mio amato Gilbert
Keith Chesterton , Cristo
non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico
Giovanni ma Pietro, un imbroglione, uno snob, un codardo: in una
parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa,
e le porte dell’Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli
imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e
costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini
forti. Ma quest’unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata
su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché
nessuna catena è più forte del suo anello più debole.Gesù
Cristo non ha cercato in Pietro la perfezione e tu, o stolto Pompeo,
non rimproverarmi di non essere perfetto”. Pompeo incassa la
risposta e si allontana bofonchiando “Libero, sei il solito
megalomane, adesso ti paragoni anche a San Pietro” mentre Libero,
come se mi vedesse solo in quel momento mi saluta, alza il calice e
grida “brindiamo a Vittorio ma soprattutto alla sua sposa radiosa”.
Non mi sottraggo al nuovo brindisi e mentre sorseggio penso che anche
questa volta Libero ha azzeccato il termine: Monica è veramente
radiosa in questo giorno di maggio. La guardo ammirato mentre
conversa con un gruppo di invitati, un sorriso per tutti e
l’attenzione per chiunque le parli, come se non fosse lei la
principale interprete del matrimonio. Sembra rilassata ma ho notato
che, mentre io ho ingurgitato tutto senza negarmi qualche bis, non ha
mangiato o, meglio, ha sbocconcellato un po’ del lauto pranzo e
questo è un sintomo di tensione latente perché Monica, quando è
ansiosa, non mangia. E’ normale che il desiderio di una cerimonia
memorabile le procuri un po’ di agitazione. Ma nulla d’altro
trapela della sua apprensione, neanche adesso che la invitano a
lanciare il bouquet, come da consolidata tradizione, gettandolo alle
spalle e con tutte le nubili presenti alle nozze pronte a riceverlo.
Proprio tutte no, Tiziana non partecipa, lei è superiore, non si
abbassa a queste manifestazioni plebee e penso: “Ma chi la vuole
una così, una tritasassi egoista come lei”. Chi si cimenta nella
sua conquista - e lancio uno sguardo a Gigi sempre incollato alla
bottiglia – ha buone probabilità di finire disintegrato. In verità
immagino già chi raccoglierà il bouquet, c’è un tacito accordo
fra le ragazze affinché il mazzolino di fiori finisca fra le mani di
Cecilia considerata da tutti la meno adatta a trovar marito. Anche
lei lo sa e dice alle amiche che con gli uomini è stata sfortunata,
non ha trovato nessuno che la comprendesse, gli uomini hanno in mente
solo una determinata cosa e nessuno vuole instaurare un rapporto
paritario, di reciproco rispetto e comprensione. Questa è la sua
versione e, in effetti, è molto più facile assolversi e dare la
colpa a metà del genere umano invece di guardarsi dentro ed
analizzarsi con franchezza. Se lo avesse fatto, Cecilia si sarebbe
resa conto di essere un’insopportabile chiacchierona che intende il
rapporto paritario nel seguente modo: io parlo e, tralasciamo le
sciattezze dette, tu ascolti. Cecilia riesce a parlare a velocità
supersonica, l’interlocutore non ha alcuna possibilità di
interrompere il flusso di parole. E’ normale che i maschietti
scappino a gambe levate appena comprendono chi hanno di fronte.
Intanto Monica ha lanciato alle sue spalle il bouquet e Cecilia
riesce a raccoglierlo con un gridolino di soddisfazione. Tutte le
amiche strillano contente e Monica la bacia con entusiasmo dicendole
“vedrai, questo è un buon segno, troverai qualcuno che ti
apprezzerà” e io medito che non devo giudicare la mia sposa dalle
sue amiche perché alcune, Tiziana e Cecilia in particolare, sono
veramente insopportabili. D’altra parte so che Monica non sta
recitando, desidera veramente la felicità delle sue amiche, è
generosa e leale. La guardo con ammirazione, fasciata dal vestito
bianco che non saprei descrivere nei minimi particolari come fanno le
donne, dettagli che non mi interessano perché mi importa solo la sua
bellezza. La guardo con orgoglio maschile perché intuisco quanto gli
uomini presenti al banchetto la fissino con desiderio, ma solo io
sono stato il prescelto. La guardo con tenerezza perché ho capito
che sotto i suoi smaglianti sorrisi c’è sempre una profonda
tristezza. Anche in questo giorno solenne e gioioso, Monica avrà
sicuramente pensato a quel figlio non nato perché abortito. E’
strana la vita, io ho investito ed ucciso una povera ragazzina, l’ho
vista morire in mezzo alla strada ma non ho i sensi di colpa che
tormentano Monica. Certo, sono stato malissimo, per un non breve
periodo il rimorso mi ha portato sull’orlo del suicidio, ma ormai
convivo con il mio errore e dolore. Invece Monica è passata per un
asettico ospedale, ha subito un intervento indolore e non ha visto
quel grumo di cellule asportato dal suo ventre, tuttavia non riesce a
perdonarsi per lo sbaglio commesso. Probabilmente perché non si
trattava semplicemente di un grumo di cellule ma di un essere in
preparazione. Così, quando incrocia una carrozzina con un neonato,
Monica subito si adombra, i suoi splendidi occhi verdi si velano di
tristezza. E, ancora peggio, quando incontra una donna in gravidanza
non profferisce parola per lunghi minuti, persa nei suoi pensieri o,
meglio, nei suoi tormenti. Vorrei aiutarla, innumerevoli volte le ho
spiegato che tutti possono sbagliare, l’importante è non ripetere
sempre gli stessi errori, però non sono riuscito ad esaudire il mio
intento. Chissà, forse un figlio nostro, desiderato e cercato, sarà
il toccasana che spazzerà via le angosce. Sarà per questo che,
quando Monica mi si avvicina e mi dice sorridendo, “Vittorio, mi
hai appena sposata e già mi trascuri” io le rispondo, mentre in
testa mi rimbomba la frase chestertoniana di Libero, “sai, cara
sposa, stavo pensando al nome da dare al nostro figlio, se lo avremo,
che ne diresti di Pietro?”
08/11/08
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