PERSONAGGI
DI UN ALTRO SECOLO – 12
Se me lo avessero
pronosticato non ci avrei creduto. Impossibile. Manco morta sarei
tornata assieme a quell’infedele di Vittorio. Consideravo il suo
tradimento una colpa orribile, imperdonabile. Nemmeno la terribile
vicissitudine accadutagli poche ore dopo la sua scappatella aveva
scalfito la mia rabbia. No, Monica non perdona i bastardi che osano
ingannarla. Nessuna eccezione, neanche per Vittorio, non ho neppure
considerato che con lui mi ero trovata benissimo. Una regina, con
lui mi sentivo una regina. Potete capire che passare da uno
stato vicino all’estasi alla scoperta di aver convissuto con un
degenerato che colleziona donne non è proprio cosa da augurare a
nessuna. Per questo non ho ascoltato i consigli delle amiche
imploranti perché gli facessi almeno una telefonata. Dopo tutto,
dicevano, a Vittorio è capitata una vera disgrazia, uccidere un
ragazzina, che dramma, come fai ad essere così insensibile? Si può,
rispondevo, dovreste conoscere la rabbia che mi porto dentro, enorme,
mi viene voglia di sfasciarlo, altro che perdonarlo. I miei propositi
rimasero immutati per lungo tempo, più di un anno, poi mi capitò
per caso di rivederlo e, devo ammetterlo, tutte le mie intenzioni di
distruggerlo svanirono, evaporarono come l’acqua dopo un temporale
estivo. Il Vittorio che conoscevo era sparito, dov’era quell’aria
festaiola, dov’era quella faccia da impunito? Non c’erano più,
avevo davanti un viso riflessivo, un uomo dallo sguardo pensoso,
eufemismo per non dire triste. E il suo modo di comportarsi: dov’era
lo sbarazzino, lo sbruffone che risolveva tutto con uno smagliante
sorriso? Ora mi trovavo di fronte un ragazzo compunto, mi verrebbe da
dire serio se non trovassi orribile questo termine. Appena mi vide
chiese perdono per il male che mi aveva inflitto. Non furono tanto le
sue parole a colpirmi quanto il suo atteggiamento, il linguaggio del
corpo: sembrava che ogni suo muscolo vibrasse per sottolineare il suo
profondo rammarico per quanto aveva combinato. Normale che tutto il
mio odio si sbriciolasse in un attimo. Riprendemmo a stare insieme e
Vittorio tornò a trattarmi come una regina ma, questa volta, senza
scappatelle: un compagno perfetto. Certo, c’era sempre un’ombra
di tristezza nel suo sguardo, la tragedia dell’incidente non lo
abbandonava mai, spesso passava notte agitate, qualche volta si
svegliava gridando. Comprensibile tutto questo ed io ammiravo il suo
convivere con il dolore, il suo impegno nel convincere il mondo
intero che lui, Vittorio, non era quello che provocava sventure ma
semmai un uomo che da una disgrazia cagionata traeva linfa per una
vita esemplare. Un esempio anche per me, perché anch’io ho
qualcosa che mi tormenta. Quando ero molto più giovane, e non
conoscevo ancora Vittorio, ho abortito. Una storia con un compagno di
liceo, l’anno della maturità. Ero troppo giovane per governare un
evento del genere, mi lasciai influenzare dalle idee altrui, lui che
mi innervosiva con i continui “adesso che facciamo? Monica che
facciamo?” come se non sapessi chi fosse quella che ne avrebbe
pagato le conseguenze e già prevedevo, come infatti accadde, che una
volta abortito lui se ne sarebbe andato sollevato e senza più
problemi. Infine, i miei genitori: comprensivi, per carità, nessuna
sceneggiata perché mi fossi concessa al primo venuto come
erroneamente pensavo, ma nello stesso tempo timorosi che il fattaccio
fosse conosciuto. Ne andava del buon nome della famiglia, perbacco,
molto più semplice eliminare quello che non era più il figlio della
colpa ma un incidente di percorso. Una disattenzione che può
rovinarti la vita, Monica, quest’anno hai anche la maturità,
rimediamo e la prossima volta stai più attenta. Non voglio affermare
che ho subito la decisione, diciamo che ho trovato comodo non oppormi
agli interessati consigli di lui e dei genitori. Anch’io pensavo
che fosse la soluzione migliore. I primi dubbi si presentarono sul
tavolo operatorio: all’inizio un senso di solitudine e la speranza
che tutto finisse in fretta. Dopo un penoso sentimento di
umiliazione dovuto al riconoscimento, all’inizio lieve, poi sempre
più marcato, di avere commesso un enorme sbaglio. Su quel tavolo,
sotto quei ferri, avevo lasciato non un grumo di cellule ma una
parte di me. Sia io che Vittorio avevamo provocato due
tragedie: più intima la mia, ma non meno devastante. Avevo anche
paura di parlarne con Vittorio, temevo che non mi stimasse più. E
invece, quando ho finalmente superato la titubanza e trovato il
coraggio di dirglielo, Vittorio mi ha stretto forte dicendo “povera
Monica, cosa hai passato, ma non dovevi aver timore a informarmi,
figurati se proprio io posso rimproverarti. Chi sono io per poterti
giudicare? Con la mia storia poi? Piuttosto, ormai siamo grandicelli
entrambi, veniamo tutte e due da sciagure, che ne dici se mettiamo in
cantiere un bambino? Non sarebbe un bel tentativo di rispondere con
la vita alle storie di morte che ci hanno segnato?” Ve l’avevo
detto, Vittorio è proprio cambiato, è premuroso, attento. Con lui
mi sento sicura, protetta e sono proprio decisa nel metter su
famiglia. Lo amo così tanto da sopportare anche le sue fissazioni.
Come quella che deve espiare il suo errore. O la amicizia con quel
tizio delirante, Libero. All’inizio ero addirittura gelosa di
Libero, non sopportavo che Vittorio lo invitasse nel nostro
appartamento ogni quindici giorni, mi irritava che ogni incontro
finisse con un monologo di Libero. E gli argomenti trattati, poi:
sempre a parlare di Dio, di ricerca della fede e della mancanza di
essa, di Chiesa e di Papi. Non che Libero non fosse preparato, anzi,
mi colpiva la proprietà di linguaggio di quell’uomo che aveva
forse frequentato solo la terza media e la sua conoscenza della
materia, ma mi urtava l’ascendente che aveva su Vittorio. Ad una
prima impressione poteva sembrare addirittura un plagio, tale era
l’attenzione posta da Vittorio ad ogni respiro emesso da Libero.
Non era così, invece, con il tempo compresi che Vittorio aveva
bisogno di questi discorsi sulla trascendenza, sul senso della vita.
L’incidente mortale che aveva provocato aveva modificato
anche il suo modo di ragionare, la sua scala dei valori era mutata,
prima andava a caccia di donne, di divertimento, ora di Dio. In tutto
questo cambiamento, la cosa veramente incomprensibile era che si
facesse aiutare da Libero e non da un prete. La mia gelosia svanì
quando mi resi conto di quanto i discorsi visionari di Libero
servissero a Vittorio, alla sua pace interiore. Infatti così
chiamavo il suo amico, il Visionario. Vittorio rideva di questo
soprannome, gli piaceva così tanto che fra di noi lo indicavamo in
questo modo. Il fatto che ridesse un po’ del suo amico mi
confermava che Vittorio non era plagiato ma si trattava, invece, di
una vera amicizia. Ed io, da brava compagna, non potevo che accettare
di buon grado l’affiatamento tra i due e sopportare con
pazienza il logorroico Libero. Come faccio stasera, mentre
sferruzzo a maglia e mi arrotolo la lingua per non chiedere al
Visionario perché tanti ammazzano nel nome di Dio, non sarebbe
meglio un mondo senza religioni ed entità da adorare? Mentre penso
questo Libero sta dicendo che Cristo è l’unica risposta contro il
vero pericolo del mondo attuale, il nichilismo. Il nichilismo che
gioisce di sé sulla strada dell’oblio, convinto che tutto – il
mondo, noi, le relazioni, il sesso, la bellezza, la storia – sia
solo uno scherzo cosmico. E non solo in Italia, ma in tutta l’Europa
la religione cristiana non ha più domicilio. Un altro segno
del trionfo del nichilismo è il drammatico calo delle nascite in
tutto il continente europeo. Quando un intero continente, in salute e
mai sicuro come ora, senza guerre, deliberatamente sceglie di non
realizzare il futuro umano nel modo più elementare possibile,
riproducendosi, qualcosa di serio, e di catastrofico, è in atto. Se
non ricordo male, i tempi del Liceo cominciano ad essere lontani, il
nichilismo è la teoria filosofica di Nietzsche, quello del
superuomo. Cosa c’entra con la riduzione delle nascite lo sa solo
quel bacato di Libero. Il quale non si è neanche riprodotto, per di
più. Da che pulpito viene la predica. Però i suoi discorsi da
fanatico mi fanno ricordare quel bambino che non è nato, che io non
ho voluto che nascesse, il mio bambino. Non sarò anch’io, per
caso, una nichilista?
05/09/2006
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