martedì 14 agosto 2012


PERSONAGGI DI UN ALTRO SECOLO – 12
 
            Se me lo avessero pronosticato non ci avrei creduto. Impossibile. Manco morta sarei tornata assieme a quell’infedele di Vittorio. Consideravo il suo tradimento una colpa orribile, imperdonabile. Nemmeno la terribile vicissitudine accadutagli poche ore dopo la sua scappatella aveva scalfito la mia rabbia. No, Monica non perdona i bastardi che osano ingannarla. Nessuna eccezione, neanche per Vittorio, non ho neppure considerato che con lui mi ero trovata benissimo. Una regina, con lui mi sentivo una regina. Potete capire che passare da uno stato vicino all’estasi alla scoperta di aver convissuto con un degenerato che colleziona donne non è proprio cosa da augurare a nessuna. Per questo non ho ascoltato i consigli delle amiche imploranti perché gli facessi almeno una telefonata. Dopo tutto, dicevano, a Vittorio è capitata una vera disgrazia, uccidere un ragazzina, che dramma, come fai ad essere così insensibile? Si può, rispondevo, dovreste conoscere la rabbia che mi porto dentro, enorme, mi viene voglia di sfasciarlo, altro che perdonarlo. I miei propositi rimasero immutati per lungo tempo, più di un anno, poi mi capitò per caso di rivederlo e, devo ammetterlo, tutte le mie intenzioni di distruggerlo svanirono, evaporarono come l’acqua dopo un temporale estivo. Il Vittorio che conoscevo era sparito, dov’era quell’aria festaiola, dov’era quella faccia da impunito? Non c’erano più, avevo davanti un viso riflessivo, un uomo dallo sguardo pensoso, eufemismo per non dire triste. E il suo modo di comportarsi: dov’era lo sbarazzino, lo sbruffone che risolveva tutto con uno smagliante sorriso? Ora mi trovavo di fronte un ragazzo compunto, mi verrebbe da dire serio se non trovassi orribile questo termine. Appena mi vide chiese perdono per il male che mi aveva inflitto. Non furono tanto le sue parole a colpirmi quanto il suo atteggiamento, il linguaggio del corpo: sembrava che ogni suo muscolo vibrasse per sottolineare il suo profondo rammarico per quanto aveva combinato. Normale che tutto il mio odio si sbriciolasse in un attimo. Riprendemmo a stare insieme e Vittorio tornò a trattarmi come una regina ma, questa volta, senza scappatelle: un compagno perfetto. Certo, c’era sempre un’ombra di tristezza nel suo sguardo, la tragedia dell’incidente non lo abbandonava mai, spesso passava notte agitate, qualche volta si svegliava gridando. Comprensibile tutto questo ed io ammiravo il suo convivere con il dolore, il suo impegno nel convincere il mondo intero che lui, Vittorio, non era quello che provocava sventure ma semmai un uomo che da una disgrazia cagionata traeva linfa per una vita esemplare. Un esempio anche per me, perché anch’io ho qualcosa che mi tormenta. Quando ero molto più giovane, e non conoscevo ancora Vittorio, ho abortito. Una storia con un compagno di liceo, l’anno della maturità. Ero troppo giovane per governare un evento del genere, mi lasciai influenzare dalle idee altrui, lui che mi innervosiva con i continui “adesso che facciamo? Monica che facciamo?” come se non sapessi chi fosse quella che ne avrebbe pagato le conseguenze e già prevedevo, come infatti accadde, che una volta abortito lui se ne sarebbe andato sollevato e senza più problemi. Infine, i miei genitori: comprensivi, per carità, nessuna sceneggiata perché mi fossi concessa al primo venuto come erroneamente pensavo, ma nello stesso tempo timorosi che il fattaccio fosse conosciuto. Ne andava del buon nome della famiglia, perbacco, molto più semplice eliminare quello che non era più il figlio della colpa ma un incidente di percorso. Una disattenzione che può rovinarti la vita, Monica, quest’anno hai anche la maturità, rimediamo e la prossima volta stai più attenta. Non voglio affermare che ho subito la decisione, diciamo che ho trovato comodo non oppormi agli interessati consigli di lui e dei genitori. Anch’io pensavo che fosse la soluzione migliore. I primi dubbi si presentarono sul tavolo operatorio: all’inizio un senso di solitudine e la speranza che tutto finisse in fretta. Dopo un penoso sentimento di umiliazione dovuto al riconoscimento, all’inizio lieve, poi sempre più marcato, di avere commesso un enorme sbaglio. Su quel tavolo, sotto quei ferri, avevo lasciato non un grumo di cellule ma una parte di me.  Sia io che Vittorio avevamo provocato due tragedie: più intima la mia, ma non meno devastante. Avevo anche paura di parlarne con Vittorio, temevo che non mi stimasse più. E invece, quando ho finalmente superato la titubanza e trovato il coraggio di dirglielo, Vittorio mi ha stretto forte dicendo “povera Monica, cosa hai passato, ma non dovevi aver timore a informarmi, figurati se proprio io posso rimproverarti. Chi sono io per poterti giudicare? Con la mia storia poi? Piuttosto, ormai siamo grandicelli entrambi, veniamo tutte e due da sciagure, che ne dici se mettiamo in cantiere un bambino? Non sarebbe un bel tentativo di rispondere con la vita alle storie di morte che ci hanno segnato?” Ve l’avevo detto, Vittorio è proprio cambiato, è premuroso, attento. Con lui mi sento sicura, protetta e sono proprio decisa nel metter su famiglia. Lo amo così tanto da sopportare anche le sue fissazioni. Come quella che deve espiare il suo errore. O la amicizia con quel tizio delirante, Libero. All’inizio ero addirittura gelosa di Libero, non sopportavo che Vittorio lo invitasse nel nostro appartamento ogni quindici giorni, mi irritava che ogni incontro finisse con un monologo di Libero. E gli argomenti trattati, poi: sempre a parlare di Dio, di ricerca della fede e della mancanza di essa, di Chiesa e di Papi. Non che Libero non fosse preparato, anzi, mi colpiva la proprietà di linguaggio di quell’uomo che aveva forse frequentato solo la terza media e la sua conoscenza della materia, ma mi urtava l’ascendente che aveva su Vittorio. Ad una prima impressione poteva sembrare addirittura un plagio, tale era l’attenzione posta da Vittorio ad ogni respiro emesso da Libero. Non era così, invece, con il tempo compresi che Vittorio aveva bisogno di questi discorsi sulla trascendenza, sul senso della vita. L’incidente mortale che aveva provocato  aveva modificato anche il suo modo di ragionare, la sua scala dei valori era mutata, prima andava a caccia di donne, di divertimento, ora di Dio. In tutto questo cambiamento, la cosa veramente incomprensibile era che si facesse aiutare da Libero e non da un prete. La mia gelosia svanì quando mi resi conto di quanto i discorsi visionari di Libero servissero a Vittorio, alla sua pace interiore. Infatti così chiamavo il suo amico, il Visionario. Vittorio rideva di questo soprannome, gli piaceva così tanto che fra di noi lo indicavamo in questo modo. Il fatto che ridesse un po’ del suo amico mi confermava che Vittorio non era plagiato ma si trattava, invece, di una vera amicizia. Ed io, da brava compagna, non potevo che accettare di buon grado l’affiatamento tra i due e sopportare con pazienza il logorroico Libero. Come faccio stasera, mentre sferruzzo a maglia e mi arrotolo la lingua per non chiedere al Visionario perché tanti ammazzano nel nome di Dio, non sarebbe meglio un mondo senza religioni ed entità da adorare? Mentre penso questo Libero sta dicendo che Cristo è l’unica risposta contro il vero pericolo del mondo attuale, il nichilismo. Il nichilismo che gioisce di sé sulla strada dell’oblio, convinto che tutto – il mondo, noi, le relazioni, il sesso, la bellezza, la storia – sia solo uno scherzo cosmico. E non solo in Italia, ma in tutta l’Europa la religione cristiana non ha più domicilio.  Un altro segno del trionfo del nichilismo è il drammatico calo delle nascite in tutto il continente europeo. Quando un intero continente, in salute e mai sicuro come ora, senza guerre, deliberatamente sceglie di non realizzare il futuro umano nel modo più elementare possibile, riproducendosi, qualcosa di serio, e di catastrofico, è in atto. Se non ricordo male, i tempi del Liceo cominciano ad essere lontani, il nichilismo è la teoria filosofica di Nietzsche, quello del superuomo. Cosa c’entra con la riduzione delle nascite lo sa solo quel bacato di Libero. Il quale non si è neanche riprodotto, per di più. Da che pulpito viene la predica. Però i suoi discorsi da fanatico mi fanno ricordare quel bambino che non è nato, che io non ho voluto che nascesse, il mio bambino. Non sarò anch’io, per caso, una nichilista?
05/09/2006

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